Gianantonio Battistella - Labirinti
LABIRINTI
Gianantonio Battistella
“goccia di rugiada — appena il bimbo la vide l’acchiappò”
Kobayashi Issa, La mia primavera, n° 223 (ed. La Vita Felice, Milano 2020, a cura di Matteo Contini, p.161).
Andando a ritroso, mi rendo conto che da sempre l’acqua fa parte del mio guardare i luoghi: girando attorno alla fontana con l’acqua gelata di Villa Franchetti nel 1980, nel laghetto-abbeveratoio del Pian Cansiglio, nello stagno di una cava a Rimini del 1982, immagini incluse nella serie Viaggio in Italia del 1984, sentivo, senza rendermene conto, la necessità di includere quello specchio magico che riporta una parte di cielo sulla terra.
Ero rimasto affascinato dall’acqua nella fotografia dell’800 dove i lunghi tempi di posa trasformavano questo elemento in una magica nebulosa, come nelle cascate e nelle rapide dei fiumi fotografati da Timothy O’Sullivan, William Henry Jackson o Carleton Watkins; oppure nelle fotografie dei canali di Venezia di Carlo Naya dove l’acqua si trasformava in uno specchio opaco e tagliente o ancora nella magistrale abilità di Edouard-Denis Baldus che nel 1855-56 fissa il riflesso speculare del Pont du Gard e delle mura di Avignone, sulla fragile superficie del papier-ciré, adottato per la realizzazione della campagna fotografica della Mission Héliographique.
Così, includere l’acqua nella mia fotografia è stata quasi una necessità per conservare una relazione con il fare antico, per continuare a ricordarsi quei limiti che ora sembrano svaniti, ma che rimangono nell’imprinting del fotografare: la relazione con il tempo che scorre e che, come l’acqua, modifica continuamente il suo stato.
Il mio rapporto visivo recente con questo elemento è legato alla rappresentazione del paesaggio antropizzato: le opere idrauliche (acqua come risorsa), i ponti (acqua come ostacolo da superare), mi hanno portato ad intraprendere progetti di visualizzazione del territorio dove vivo.
La serie Labirinti è una esplorazione aperta sull’intrecciarsi dei percorsi fisici, del camminare i luoghi, “la fotografia si fa con la scarpe” diceva Timothy O’Sullivan, con questo elemento che a volte ci impedisce l’avanzamento o favorisce la sosta “contemplativa” o ci regala, nel nostro errare, un riflesso tanto sorprendente quanto sfuggente.
© Gianantonio Battistella Montebelluna, 18 dicembre 2021
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