LSIDT Numero #03 - L'editoriale
Editoriale
di G. Cecchinato e A. Angeli
Passare il valico
Nella nostra regione, come in altri molti luoghi italiani, esistono, coabitano, si perpetuano delle criticità, con le quali co-esistiamo. Magari sono sempre state presenti da sempre, molte non troveranno soluzione, mentre altre magari, si.
Per noi sarà normale affrontare ciò, nella nostra quotidianità, per via dell’umana capacità di adattamento, benché tutto ciò continui a circondarci e ci spinga a porci dei quesiti sul progresso che stiamo vivendo.
Quest’anno l’esito della call #03 ci ha permesso di vedere molti progetti, veneti e non, che riguardano queste “serene inquietudini” e che ci hanno fatto avviare riflessioni e ragionamenti interessanti durante la loro visione.
La call indetta a febbraio aveva come obiettivo l’ottenimento di progetti che riguardassero temi quali: gli spazi urbani, il rapporto con il sacro, l’influenza del progresso sociale ed industriale nel territorio, ed infine i rapporti con il paesaggio odierno e le sue mutazioni.
Un’altra richiesta specifica di questa call era quella di affrontare i temi anche percorrendo vie alternative, ricorrendo ad esempio a metodi post-fotografici o creativi.
Era infatti nostro intento ricercare nuove vie di lettura per l’analisi dei territori tramite linguaggi più originali e più contemporanei.
Questo tipo di orientamento ha determinato una scelta precisa nella pubblicazione tra i progetti che ci sono pervenuti.
Inoltre, abbiamo accolto lavori fotografici che riguardano anche altri territori italiani, altre regioni, convinti che su di alcuni temi ci siano criticità similari a quelle del territorio veneto.
A settembre sono stati presentati 35 progetti molto diversi tra loro, ma tutti molto interessanti.
La scelta finale ci ha portato ad includerne 15 che, pensiamo, abbiano le caratteristiche di qualità ed interesse che stiamo ricercando per la crescita di questo progetto.
In quest’edizione, i testi di corredo alla rivista sono stati affidati a Roberto Beraldo presidente dell’Ordine APPC di Venezia e Riccardo Caldura direttore dell’Accademia di Belle Arti di Venezia. Abbiamo inserito un’ intervista ad Allegra Martin fotografa conosciuta per i suo lavori di indagine sui territori ed un ulteriore intervista a Laura Sauchelli fatta da Nicola Nunziata.
I contenuti sono coerenti con la logica che ci ha indirizzato alla scelta dei progetti fotografici quella cioè delle riflessioni sul fotografico, sulla metodologia e sui possibili sviluppi dei linguaggi in funzione dell’analisi fotografica delle nostre terre.
I tempi sono maturi ed esiste una nuova via rispetto all’approccio originario instaurato con la “New Topography”? Noi pensiamo di sì.
Questo edizione #03, dopo l’esperienza e la crescita ottenuta nei tre precedenti numeri, rappresenta per noi un punto di svolta, un valico, che ci rendiamo conto essere molto critico perché non scontato né facile per il prosieguo dell’esperienza di questa pubblicazione, ma come spesso accade nelle circostanze di incertezza, confidiamo possa essere foriera di aspettative e buoni propositi da verificare con il tempo.
Passando questo valico confidiamo nella continuità di apporto da parte dei nostri membri, consolidando la scelta dell’attività corale di questo progetto che vorremo potesse essere sempre più partecipato, generante ed arricchente, ponendo fiducia nel mezzo dell’analisi fotografica dei territori come forma di confronto e di indagine sempre attuale ed efficiente.
Tutti i testi e le foto sono protette da copyright.
E' vietato ogni utilizzo o riproduzione anche parziale non espressamente autorizzato dall'autore.
Giovanni Cecchinato Fotografo - La serena inquietudine del territorio - All rights reserved - © 2024
Steve Bisson - Orizzonte corale
Orizzonte corale e fraintendimento consapevole
di Steve Bisson
Articolo apparso all'interno della rivista #01
© Marco Vedana - Tra dirupi inverosimili e memorie sospinte - 2021
Per mezzo della fotografia, quale lente di ingrandimento per osservare e ricostruire una geografia sempre più antropomorfa, umanizzata. Un'attitudine trans-individuale che riconosce fondamento al sapere comune, all'unità degli sguardi, al pensare in rete di oggi. E sulla rete che gravita infatti l'intenzionalità di Giovanni Cecchinato e Alessandro Angeli che qui mi invitano ad una riflessione sommaria sulle pratiche collettive di indagine o appropriazione visiva del territorio, e nella quale prende corpo lo spazio poliforme e trasparente della condivisione. Pratiche dinamiche dello stare insieme, sentieri distinti nella forma, nel metodo e attitudini ma resi simili da una volontà di comunione. Che volendo può sedimentare altrove, ad esempio nell’esposizione in dialogo, in un catalogo sintetico, nello stare di nuovo ma fisicamente, come musicisti pronti a esercitarsi non nel proprio assolo bensì in un insieme accorto.
Anche da questa premessa, va letta la raccolta di immagini scelte in questa rivista. Ovvero e inoltre, nel bisogno di congiunzione, di ensemble miscellaneo, di pluralità come soggetto e attore della complessità. In questa volontà di collaborazione che filtra attraverso la superficie operativa del vedere, mediante un esercizio di espressione simbiotica la cui risultante, nel caso specifico, sono altrettante cognizioni sul paesaggio. Quello veneto. Acquisizioni di consapevolezza, conseguimenti personali che scaturiscono da un bisogno di dialogare con l’ambiente ancora prima che nel generare dati, che concorrono, senza per forza convergere, su un agire più ampio. Vedere quel che si fa includendo nell’indagine sé stessi e il proprio operare (con gli strumenti che usiamo e che ci formano e generano) con luminosa accettazione della trama inesorabile di cui siamo parte e di cui è parte il nostro muoverci, tutto e tutti assieme, nel mondo.
Mutuando suddette considerazioni su un piano algebrico, di spazi stiamo parlando, ogni contributo figura come equazione: ciascuna con le sue incognite da risolvere. E il fotografo diviene un vettore che manifesta una traiettoria più o meno feconda nello spazio, e interpretabile con una funzione, sebbene non sempre oggettiva, dei luoghi. Qui si rinviene allora una prima utilità per la ricerca associata alla fotografia intesa come comprensione anziché impressione. Quando poi lo sforzo da compiere è verso un orizzonte collettivo occorre esulare dalla grandezza o magnitudine vettoriale del singolo progetto. Se infatti i lavori presentano un comune denominatore possono essere apprezzati come spazi topologici in cui avvisare proprietà fondamentali e ricorrenti. Possiamo definirle forme di continuità talvolta fisiche, logiche o percettive.
A partire da tale domanda di senso, che si sostanzia nel racconto corale senza il quale non vi è trasmissione e nemmeno dimostrazione di sapere, si gettano le basi per una diversa cartografia del pensiero. Ciò esige nuova prassi geoscopica, con i piedi a terra e la coscienza vigile. Una capacità di ascolto, rappresentazione e integrazione responsabile del mondo delle differenze, altresì culturali, che riguardano tutti i corpi viventi e il loro modo di intendere. E poichè tanti sono i discorsi per immagini resi possibili dai progressi della tecnica e non tutti interpretabili da un metodo scientifico, per la loro intrinseca soggettività e imprecisione, allora urgono soluzioni per oltrepassare lo scoglio delle verifiche di obiettività empirica sulla via comune della conoscenza. Le pretese di veridicità hanno riguardato a lungo anche il dibattito della fotografia, rivelatosi poi un girotondo di parole. Di fatto i luoghi esistono ma sono pur sempre mentali, o meglio filtrati dai nostri dispositivi ottici e neurali, oltre che dai vissuti personali, emotivi. La lettura sui territori domanda perciò una vocazione inclusiva. In primis del noi stessi, non ci muoveremmo altrimenti se non per soddisfare bisogni primari. Saremmo l’ambiente, senza alcuna distanza, come per gli animali, senza necessità di trovare senso al nostro esserci, al nostro avere l’ambiente come altro da noi.
Dunque vale la pena riconoscere dietro l’immagine-trascrizione della realtà riproducibile, il movimento, la danza, la strategia, i corpi, insomma la vita di coloro che scritturano il cosmo per istantanee. E siamo sempre di più. Uno sconfinato “corpo di ballo” che inscena una gigantesca, vertiginosa e straordinaria possibilità di relazione e di fraintendimento consapevole su ciò che di ovvio ci circonda. Un’opportunità per accorgersi diversamente delle cose di cui è fatto il fiume eracliteo del divenire. Un muro, un recinto, una strada, una diga, un canale, una fabbrica, una chiesa, un quartiere, una città, una regione. Segni prodotti da gesti che occupano e marcano i territori. E che appaiono agli occhi diversi, infinite occasioni, perché ciascuno di noi lo è. Allora il fotografare può essere un modo per lasciarsi alle spalle scorie, tentativi e abbordaggi visivi di apprendimento, oppure per fare luce sulle ragioni nascoste, sulla vita anonima che si agita dietro le maschere del mondo. E farlo con una postura di serena accettazione dell’ospite inquietante come l'ossimoro che titola il progetto editoriale in questione.
© Paola Montagner 2021 Laguna di Venezia (VE)
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La serena inquietudine del territorio - All rights reserved - © 2022
JOBS - Forme e spazi del lavoro
date » 18-09-2022 12:01
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Linea di Confine, William Guerrieri, Rubiera, JOBS, Lavoro, Antonello Frongia, Stefano Munarin, Fotografia, Lavoro, Forme, Mostra, Indagine, Fotografica,
JOBS
Forme e spazi del lavoro
Un indagine interdisciplinare in Emilia Romagna
Quodlibet / Linea di Confine
A cura di
Antonello Frongia, Stefano Munarin, Federico Zanfi
Testi di
Marta de Marchi,Cristiana Mattioli, Michela Pace, Stefano Saloriani
Foto di
Allegra Martin, Nicolò Panzeri, Andrea Simi, Andrea Pertoldeo
Ricevo in questi giorni, un libro di ricerca sugli ambienti/spazi lavorativi in Emilia Romagna a sulla manodopera che vi lavora.
Un analisi molto dettagliata frutto di un team di esperti che sulla base di un bando emesso dal Ministero della Cultura ed in specifico dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea per Strategia Fotografia 2020 hanno dato vita a questo volume e ad una esposizione (vedi qui) tenuta nella sede di Linea di Confine a Rubiera (MO) dal 29 ottobre 2021 al 19 dicembre 2021.
Esposizione che ha visto oltre ai lavori, sempre sul tema del lavoro e dei suoi spazi, di due grandi autori come William Guerrieri (con Bodies of work) e Michele Borzoni (con Workforces) gli esiti di un laboratorio a cui partecipavo assieme ad altri fotografi con un piccolo progetto personale su di un ente di formazione di manodopera specializzata nel distretto di produzione calzaturiero della Riviera del Brenta (PD) che si titola “Terrae Calcei” (puoi vederlo qui).
Ma torniamo alla pubblicazione.
All’interno due saggi mi sono sembrati importanti in quanto riportano delle riflessioni sull’indagine fotografica contemporanea.
Punti che specifico e tratto qui, per ragionarci e memorizzare dei concetti, a livello personale, o spunto di future discussoni, ma che non riassumono o sintetizzano la complessa opera editoriale, alla quale vi rimando e, sopratutto, della quale ve ne suggerisco l’acquisto.
Un punto che mi ha colpito nel testo di apertura di William Guerrieri (coordinatore dell’intero progetto) è quando ragiona, partendo dalle considerazioni filosofiche di Paolo Costantini, della fotografia “come luogo autonomo della ricerca e non della mera rappresentazione del reale […] (luogo) nel quale vanificare l’usuale contrapposizione della fotografia come espressione artistica o come documento”
Affermazione che dunque apre il presupposto ad avere un approccio che viene definito di ambiguità costitutiva.
Cosa che mi pone molte domande in merito, belle ed interessanti, da sviluppare.
Ma qui, a parte l'opinione o la visione personale, o forse una considerazione da non vedere come assoluta, me nella quale è utile soffermarsi, è giusto che vi sia uno spazio della libertà interpretativa.
Inoltre se ne potrà continuare a parlare a voce, ancora, tra di noi alla prima occasione di incontro, poichè dibatutta qui potrebbe essere solo una visione unilaterale e potrebbe diventare un monologo di poco conto.
dal progetto "Terra Calcei" esposto a "JOBS Forme e spazi del lavoro" a Rubiera (MO)
Nello sviluppo del testo emerge comunque la necessità di questa ricerca, e quella di nuovi linguaggi.
Linguaggi che esplorino le potenzialità espressive e ne sfruttino l’ambiguità del media fotografico, per metterle a disposizione di approcci che verifichino, dunque (senza farsi ingannare) la “ leggerezza aggettivante dell’economia dell’immateriale” (cit. Aldo Bonomi).
Altro punto che mi ha fatto riflettere anche sui presupposti delle ”ricognizioni sui territori” alle quali stiamo dedicando molta della nostra attenzione.
Ho trovato altresì interessante il saggio di Stefano Munarin e Federico Zanfi, in un punto, quando nel paragrafo “Cosa vediamo, come guardiamo”, viene sviluppato il tema dello sguardo sui territori e dei cambiamenti in atto nei luoghi del lavoro. In un punto specifico viene messo in evidenza quanto nei decenni passati, i cambiamenti si palesavano in maniera evidente e diretta tramite l’addizione di nuovi manufatti edilizi, mentre ora per capirne la metamorfosi ed i nuovi sviluppi, bisogna, forzatamente, entrare al loro interno per capirne i nuovi e modificati spazi e le loro nuove destinazioni d’uso.
Punti che mi hanno fatto riflettere ed aprire ulteriori considerazioni, anche se potrebbe essere quasi scontato o dato già per acquisito, direte voi, ma risulta utile per considerare o rivedere l'approccio, che necessita, dunque, sempre di più un analisi "interna", non limitata agli spazi o agli aspetti esteriori, che spesso prediligiamo o che rendiamo unico punto di vista di un indagine.
dal progetto "Terra Calcei" esposto a "JOBS Forme e spazi del lavoro" a Rubiera (MO)
Assieme al lavoro fotografico di alcuni valenti fotografi, rinomati nella scena della fotografia nazionale come Allegra Martin, Nicolò Panzeri, Andrea Simi, Andrea Pertoldeo il volume si sviluppa in maniera intensa e deve essere letto con attenzione e dedizione.
Occasione di valutare ed approfondire i temi di questo tipo di fotografia nei quali ci si era addentrati in occasione dell'incontro con William Guerrieri allo "Sguardo e l'ombelico" al Candiani il 9 di ottobre del 2021 (qui il video).
Buona lettura.
Giovanni Cecchinato
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La serena inquietudine del territorio - All rights reserved - © 2022
Gnessunlogo - Mostra al Mu.Pa.
date » 10-04-2022
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Gnessulogo
Poesia Paesaggio Territorio
09 aprile 2022 - 24 luglio 2022
Museo del Paesaggio
S. Anna di Boccafossa - Torre di Mosto (VE)
"La serena inquietudine del territorio" all’interno di una ricerca artistica che supporta e si raccorda con l’opera ed il ricordo del poeta Andrea Zanzotto.
La mostra appena inaugurata al Museo del Paesaggio di San’Anna di Boccafossa, vuole essere un omaggio al lavoro del compianto poeta veneto, al suo interno, voci ed opere differenti, si uniscono nel tentativo di collimare il rapporto tra uomo, natura e paesaggio.
Come ricordato nello scritto di Dario Pinton (Curatore assieme a Luca Cecchetto dell’esposizione) il rapporto con il paesaggio non è mai stato così presente come ora nella cultura visiva contemporanea e di conseguenza il contributo del laboratorio / gruppo / esperienza editoriale de “la serena inquietudine del territorio” appare fondamentale e peculiare nel panorama veneto ed utile a visualizzare e capire gli ultimi pensieri del poeta.
Assieme alle opere di grandi fotografi internazionali, provenienti dal fondo privato del collezionista Dionisio Gavagnin, le opere di Sandro Battaglia, Gianantonio Battistella, Giovanni Cecchinato, Francesco Finotto, Toni Garbasso, Arcangeli Piai, Corrado Piccoli, contribuiscono alla mostra (nella sua sezione “questo progresso scorsoio”) un utile e funzionale spaccato sulla realtà attuale del territorio veneto.
Presente all'esposizione oltre alle Autorità anche il Direttore del Museo M9 di Mestre ed il collezionista (da cui proviene la maggioranza delle opere esposte) Dionisio Gavagnin.
Qui il link ufficiale dell'esposizione
Catalogo della mostra stampato da Edizioni Antiga
Museo del Paesaggio
Torre di Mosto - Località Boccafossa
10 aprile - 24 luglio 2022
Orari di apertura:
Sabato h 16 – 19
Domenica h 10 – 12 / 16 – 19
Visite guidate su prenotazione
https://museodelpaesaggio.ve.it
LSIDT Numero #01 - L'editoriale
date » 27-02-2022
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serena, inquietudine, editoriale, cecchinato, angeli, territorio, fotografia, rivista, veneto, venezia, arte, fotografica, indagine,
LSIDT - Numero 01 -
La serena inquietudine del territorio #01
5 gennaio 2022
Sono trascorsi quasi due anni da quando abbiamo intrapreso l’intento di raccontare la regione veneta tramite le immagini di un laboratorio che si trova virtualmente su di una pagina Facebook.
Oltre alla rivista pilota (di fine 2020) che abbiamo identificato come “numerozero”, è emerso e si è consolidato l’impegno di proseguire coralmente nel cammino, mirando ad obiettivi specifici e comuni a tutti gli appartenenti al gruppo.
In questo passato 2021, i progetti dei membri de “La serena inquietudine del territorio” sono stati esposti in due occasioni; la prima al Museo del Paesaggio di Torre di Mosto (VE) e la seconda presso la Galleria I. Battistella di San Donà di Piave (VE).
In entrambi i casi con afflussi ed interesse del pubblico al di sopra delle aspettative, godendo anche del plauso delle Amministrazioni ospitanti.
Questo ha confermato la bontà dell’idea e la sua necessaria continuazione. E, di certo, non sembrava giusto fermarsi dopo che era stato avviato questo percorso di indagine sul territorio Veneto tramite argomenti, modalità di approccio, linguaggi espressivi diversi. Linguaggi che si muovono tra citazioni e metodi consolidati da decenni ed altri che hanno un'estrazione più contemporanea, post-fotografica.
Siamo coscienti della necessità di operare in forma di ‘laboratorio’, di aprire lo sguardo alla multidisciplinarità, di indagare il Veneto guardandolo con una coralità di sguardi, come un equipaggio in una traversata, ognuno con il proprio vissuto ma convinto di una rotta comune. Affrontando gli spazi, non solamente quelli aperti dei paesaggi personali (che siano naturali, antropizzati, od urbani, poco importa) ma anche rivolgendo lo sguardo all’abitato, agli spazi interni del costruito che lo compongono, includendo le persone che lo vivono e vi dimorano.
In questo numero la nuova veste grafica, che dà maggior corpo ai progetti dei singoli autori, rafforza l’intento di raccontare i luoghi in divenire, ma anche, dunque, gli “habitat vissuti”, cercando di sondare due temi principalii: l’acqua e il paesaggio umano, sociale (del “social landscaping” per usare un termine caro ai più tecnici).
Fotografie e progetti che metaforicamente misurano il rapporto tra l’uomo e gli spazi che egli stesso modifica con azioni virtuose o dannose che speriamo, in questo progetto corale, possano servire come spunti di riflessione.
Corredano la rivista le considerazioni di illustri collaboratori (membri del laboratorio) come Steve Bisson, Francesco Finotto e Franco Tanel.
Infine, nella parte conclusiva della rivista sono stati raggruppati estratti di progetti autoriali, che pur non essendo in linea con le due principali tematiche trattate in questo numero ci sono parsi interessanti punti di vista rappresentativi dell’attualità della regione che viviamo.
G.Cecchinato e A.Angeli
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