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Poesia Paesaggio Territorio

09 aprile 2022 - 24 luglio 2022
Museo del Paesaggio
S. Anna di Boccafossa - Torre di Mosto (VE)


"La serena inquietudine del territorio" all’interno di una ricerca artistica che supporta e si raccorda con l’opera ed il ricordo del poeta Andrea Zanzotto.

La mostra appena inaugurata al Museo del Paesaggio di San’Anna di Boccafossa, vuole essere un omaggio al lavoro del compianto poeta veneto, al suo interno, voci ed opere differenti, si uniscono nel tentativo di collimare il rapporto tra uomo, natura e paesaggio.



Come ricordato nello scritto di Dario Pinton (Curatore assieme a Luca Cecchetto dell’esposizione) il rapporto con il paesaggio non è mai stato così presente come ora nella cultura visiva contemporanea e di conseguenza il contributo del laboratorio / gruppo / esperienza editoriale de “la serena inquietudine del territorio” appare fondamentale e peculiare nel panorama veneto ed utile a visualizzare e capire gli ultimi pensieri del poeta.

Assieme alle opere di grandi fotografi internazionali, provenienti dal fondo privato del collezionista Dionisio Gavagnin, le opere di Sandro Battaglia, Gianantonio Battistella, Giovanni Cecchinato, Francesco Finotto, Toni Garbasso, Arcangeli Piai, Corrado Piccoli, contribuiscono alla mostra (nella sua sezione “questo progresso scorsoio”) un utile e funzionale spaccato sulla realtà attuale del territorio veneto.
Presente all'esposizione oltre alle Autorità anche il Direttore del Museo M9 di Mestre ed il collezionista (da cui proviene la maggioranza delle opere esposte) Dionisio Gavagnin.


Qui il link ufficiale dell'esposizione

Catalogo della mostra stampato da Edizioni Antiga

Museo del Paesaggio
Torre di Mosto - Località Boccafossa
10 aprile - 24 luglio 2022


Orari di apertura:
Sabato h 16 – 19
Domenica h 10 – 12 / 16 – 19

Visite guidate su prenotazione

https://museodelpaesaggio.ve.it


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LSIDT Numero #01 - L'editoriale

_DSF3286.jpgLSIDT - Numero 01 -

La serena inquietudine del territorio #01
5 gennaio 2022

Sono trascorsi quasi due anni da quando abbiamo intrapreso l’intento di raccontare la regione veneta tramite le immagini di un laboratorio che si trova virtualmente su di una pagina Facebook.
Oltre alla rivista pilota (di fine 2020) che abbiamo identificato come “numerozero”, è emerso e si è consolidato l’impegno di proseguire coralmente nel cammino, mirando ad obiettivi specifici e comuni a tutti gli appartenenti al gruppo.
In questo passato 2021, i progetti dei membri de “La serena inquietudine del territorio” sono stati esposti in due occasioni; la prima al Museo del Paesaggio di Torre di Mosto (VE) e la seconda presso la Galleria I. Battistella di San Donà di Piave (VE).
In entrambi i casi con afflussi ed interesse del pubblico al di sopra delle aspettative, godendo anche del plauso delle Amministrazioni ospitanti.
Questo ha confermato la bontà dell’idea e la sua necessaria continuazione. E, di certo, non sembrava giusto fermarsi dopo che era stato avviato questo percorso di indagine sul territorio Veneto tramite argomenti, modalità di approccio, linguaggi espressivi diversi. Linguaggi che si muovono tra citazioni e metodi consolidati da decenni ed altri che hanno un'estrazione più contemporanea, post-fotografica.
Siamo coscienti della necessità di operare in forma di ‘laboratorio’, di aprire lo sguardo alla multidisciplinarità, di indagare il Veneto guardandolo con una coralità di sguardi, come un equipaggio in una traversata, ognuno con il proprio vissuto ma convinto di una rotta comune. Affrontando gli spazi, non solamente quelli aperti dei paesaggi personali (che siano naturali, antropizzati, od urbani, poco importa) ma anche rivolgendo lo sguardo all’abitato, agli spazi interni del costruito che lo compongono, includendo le persone che lo vivono e vi dimorano.
In questo numero la nuova veste grafica, che dà maggior corpo ai progetti dei singoli autori, rafforza l’intento di raccontare i luoghi in divenire, ma anche, dunque, gli “habitat vissuti”, cercando di sondare due temi principalii: l’acqua e il paesaggio umano, sociale (del “social landscaping” per usare un termine caro ai più tecnici).
Fotografie e progetti che metaforicamente misurano il rapporto tra l’uomo e gli spazi che egli stesso modifica con azioni virtuose o dannose che speriamo, in questo progetto corale, possano servire come spunti di riflessione.
Corredano la rivista le considerazioni di illustri collaboratori (membri del laboratorio) come Steve Bisson, Francesco Finotto e Franco Tanel.
Infine, nella parte conclusiva della rivista sono stati raggruppati estratti di progetti autoriali, che pur non essendo in linea con le due principali tematiche trattate in questo numero ci sono parsi interessanti punti di vista rappresentativi dell’attualità della regione che viviamo.



G.Cecchinato e A.Angeli

www.laserenainquietudinedelterritorio.it
lab@laserenainquietudinedelterritorio.it

L'evoluzione del paesaggio Veneto - Debora Tosato

date » 01-02-2022

permalink » url

tags » evoluzione, fotografia, pittura, paesaggio, debora, tosato,

L’evoluzione del paesaggio veneto dalla pittura rinascimentale alla fotografia contemporanea.
Incursioni e percorsi visivi

di Debora Tosato

Articolo apparso sul "Numero Zero" de La serena inquietudine del territorio


La visione del paesaggio nella fotografia contemporanea corrisponde a una moltitudine di istanze, depositarie di valori, vissuti e interrogativi, ed a una progettualità che privilegia la raffigurazione mimetica del dato reale, oppure – al contrario – la rivisitazione in chiave personale di quello stesso dato, riprodotto fuori contesto secondo un procedimento di astrazione interpretativa, al fine di costruire narrazioni a beneficio dell’osservatore, analogamente a quanto accadeva secoli fa con la pittura.
L’abitudine a scorrere simultaneamente con lo sguardo fotografie di paesaggi naturali e paesaggi urbani rischia talvolta di consumare e banalizzare la valenza esperienziale del processo visivo in una sequenza di fotogrammi privi di particolare significato per l’osservatore frettoloso, ormai abituato a cogliere solo il canone estetico e il valore assoluto della bellezza.
La fotografia, analogamente alla pittura, racconta le storie del proprio tempo, pertanto scoprirne il significato profondo – a prescindere da una valutazione stilistica e tecnica – diviene un esercizio mentale che presuppone la conoscenza del contesto entro cui si è prodotta quell’immagine.



Carpaccio, Storie di Sant'Orsola (particolare)


Le testimonianze pittoriche restituiscono al viaggiatore del presente una potenziale chiave di lettura per comprendere i luoghi e i paesaggi del passato, nei quali trovano singolare ambientazione scene e personaggi del mito e del sacro, portatori di contenuti e messaggi complessi, talvolta trasfigurati nelle sembianze di piante, fiori, frutti e animali – specialmente nel Rinascimento – che divengono portatori di significati simbolici.
L’irruzione del paesaggio nelle arti visive risale al Trecento con la lezione di Giotto alla Cappella degli Scrovegni a Padova, luogo nel quale l’architettura illusionistica e la rappresentazione naturalistica consacrano e attualizzano il messaggio profondo del divino, immerso nella nuova dimensione spaziale dell’universo figurato.
L’umanesimo filosofico e letterario di Giotto, Petrarca, Dante e Boccaccio si evolverà nel secolo successivo, manifestandosi con nuove forme anche nelle ambientazioni paesaggistiche di taluni spettacolari dipinti di Giovanni Bellini, come la Trasfigurazione di Cristo (Napoli, Museo di Capodimonte), il Crocifisso Niccolini di Camugliano (Prato, Palazzo Alberti), la Madonna del Prato (Londra, National Gallery) e la Pietà Donà delle Rose (Venezia, Gallerie dell’Accademia), che tanto colpiscono l’immaginario collettivo per la sorprendente verosimiglianza degli elementi naturali e degli edifici monumentali. Non si tratta di esercizi di virtuosismo o di abilità tecnica, quanto piuttosto dell’esito di una regia attenta a restituire la dimensione del quotidiano a quella non ordinaria della vita di Cristo, tradotta secondo formule compositive di gradimento per la devozione pubblica e privata, tramite una messa in scena degli elementi descrittivi che sarà materia d’indagine degli studi di iconologia e iconografia.
Lo straordinario fascino dei paesaggi dipinti – che rivela la medesima fedeltà degli erbari – non deve trarre in inganno sulla valenza del tema, isolato nei fondali e funzionale a una narrazione, come nella pittura di Giambattista Cima da Conegliano, fino a quando evolverà con un respiro diverso nel secolo successivo. La pittura del Cinquecento dichiara, di fatto, una vocazione alla monumentalità e una pastosità della materia più rispondenti ‘al naturale’, o almeno mostra un’interazione più intima tra figura e paesaggio, che acquisisce una diversa profondità atmosferica: lo testimoniano la pittura di Giorgione con la Tempesta (Venezia, Gallerie dell’Accademia), i Tre Filosofi (Vienna, Kunsthistorisches Museum), quella di Lorenzo Lotto con le varie redazioni del San Girolamo penitente, e ancora la maestria dell’arte di Tiziano Vecellio, a partire dal dipinto con Amor sacro e Amor profano (Roma, Galleria Borghese).
Si tratta, generalmente, di vedute idilliache, a volo d’uccello, talvolta popolate da figurette laboriose di viandanti, cavalieri, pescatori e contadini, che continueranno a mantenere il rango di comparse fino a quando il paesaggio diverrà un genere autonomo nel Settecento, tenendo tuttavia a mente l’eccezionale contributo – in anticipo sui tempi – della poetica di Jacopo Bassano.
L’artista può essere considerato come il primo pittore veneto ad avere conferito al paesaggio il senso profondo dell’epifania del sacro, specialmente nella trattazione dei temi della Natività e delle storie bibliche, ambientate nella campagna veneta, con spaccati di cucine e tavole imbandite di vettovaglie, animali, servitori e fantesche, a testimonianza del valore conferito alla vita contadina e al lavoro umile, che diviene il segno preponderante della rivelazione di Dio nelle rappresentazioni dell’autore e della sua fiorente bottega.
Il linguaggio di Jacopo Bassano resta originale e del tutto singolare nel contesto veneto, per la capacità di raccontare con naturalezza e partecipazione affettiva scenari e frammenti di vita domestica con acuto spirito di osservazione e spiccato realismo descrittivo. Il paesaggio veneto acquista, per la prima volta, il ruolo di attore protagonista a pari merito con i personaggi che popolano la scena, in un connubio così peculiare da essere riconosciuto come esempio ante litteram di pittura di genere.
Nel secondo Cinquecento si acuisce anche la consapevolezza del valore economico e sociale del territorio, legato all’importanza della produzione agricola e del lavoro nei campi, nell’ottica di una nuova concezione estetica e filosofica dell’abitare che influenza a livello architettonico e funzionale le forme e i contenuti delle ville venete, armoniosamente inserite nel paesaggio, del quale divengono parte integrante in un rapporto virtuoso che si riverbera anche negli apparati decorativi, caratterizzati da un gioco di aperture e rimandi a livello illusionistico tra interno ed esterno.


Cima da Conegliano, incredulità di San Tommaso (particolare)


Ne sono testimonianza esemplare Villa Barbaro a Maser (Treviso) e Villa dei Vescovi a Luvigliano (Padova), circondate dalle colline e rivestite all’interno da cicli di affreschi – realizzati rispettivamente da Paolo Veronese e Lambert Sustris – che concorrono a sottolineare, specialmente nelle vedute paesaggistiche, l’ariosità degli spazi e l’armonioso rapporto con la natura.
La pittura di paesaggio conquisterà lo status di genere vero e proprio solo nel Settecento, nell’acquisizione di una fisionomia e di una dignità che non erano state fino ad allora riconosciute e comprese pienamente, evidenziando al contempo caratteristiche di serialità legate alla tipologia della produzione, che diviene specialistica e si diversifica nelle formule del capriccio, della rovina, dell’arcadia, della tempesta di mare o della scena pastorale, congeniali al gusto collezionistico e al mercato dell’arte.
Il bellunese Marco Ricci, l’artista più originale e talentuoso, sarà il capofila di una schiera di specialisti come Giuseppe Zais, Francesco Zuccarelli e Antonio Diziani, che attraverseranno il secolo con le loro creazioni su piccolo e grande formato, pensate sia per le sontuose dimore del patriziato veneto che per abbellire le stanze di abitazioni e monasteri con scene di lessico familiare ambientate entro paesaggi bucolici, popolati di corsi d’acqua, lavandaie, pellegrini, viaggiatori, eremiti, ninfe, satiri e pastori con le greggi, come nel caso delle sei grandi tele a tema paesaggistico di Giuseppe Zais per l’alcova di Palazzo Mussato a Padova (ora presso il Museo d’Arte Medioevale e Moderna di Padova). Il testimone sarà raccolto nel secolo successivo da Giuseppe Bernardino Bison e Ippolito Caffi, che idealmente porteranno avanti anche la tradizione della veduta urbana inaugurata da Antonio Canal detto il Canaletto, Bernardo Bellotto e Francesco Guardi.
La pittura di veduta, che tanto successo aveva incontrato nel Settecento, anticipa e precorre la fotografia per l’attitudine a riprodurre con estrema fedeltà – mediante l’uso della camera ottica – le piazze, le chiese, gli edifici monumentali, la laguna, e accompagnare a questi scorci, in particolare quelli veneziani, le scene di mercato, le feste, le processioni, le parate, in un binomio tra città e abitanti che trasmette allo spettatore il ritmo pulsante della vita quotidiana.
Il passaggio dalla pittura alla fotografia accompagnerà nell’Ottocento e nel Novecento un approccio alla visione che si lega all’esigenza di documentare in maniera tradizionale il paesaggio, secondo il punto di vista dell’osservatore che vive in un contesto sociale e culturale all’apparenza privo di dissonanze. Il messaggio che si può individuare nella produzione fotografica di taluni autori presuppone, invece, una diversa chiave di studio e di ricerca, che supera l’ottica dell’osservazione asettica dei luoghi, per individuare un elemento disturbante, un’alterazione o un dettaglio parlante che influenza l’occhio del fotografo, fino a trasformarne profondamente l’approccio descrittivo.
Tali tematiche sono state materia d’indagine critica e storiografica, che nel tempo ha prodotto anche una divulgazione della fotografia storica e di quella d’autore, inizialmente destinate quasi esclusivamente a una platea di specialisti.
L’attuale documentazione fotografica del paesaggio racchiude ancora una complessità di lettura e di interpretazione perché nei secoli è mutato con la medesima complessità il concetto stesso di paesaggio, da intendersi ora come esito della stratificazione e della trasformazione in divenire di un territorio.
Il paesaggio veneto è profondamente cambiato, rispetto alle origini, e nel tempo è cresciuta la consapevolezza civica sull’impatto ambientale dell’urbanizzazione disordinata, che ha segnato e continua a segnare in maniera evidente strade e viali, piazze, rotatorie, giardini, stazioni, periferie e nuclei abitativi.
La fotografia spesso ha il dono di catturare e fissare l’attimo del cambiamento, del disastro ambientale, della calamità, della presenza perturbante con la quale magari conviviamo ogni giorno, sottoposti a un’assuefazione che necessita invece di una coscienza vigile.
La sfida della moderna fotografia di paesaggio può essere pertanto individuata nella funzione sociale e culturale di osservare e raccontare, senza parole né messaggi cifrati, ma in forma di tracce, quel nodo così importante da divenire il protagonista delle nostre esistenze, attraversandole quotidianamente quasi in silenzio, con avvisaglie evidenti.


Carpaccio Storie di Sant'Orsola (particolare)


Il percorso che accompagna il paesaggio dalla pittura alla fotografia potrebbe essere ora interpretato come una involuzione o una rivoluzione, a seconda dei diversi punti di vista e della varietà dei linguaggi adottati. Sarebbe tuttavia una lettura riduttiva, in quanto quello stesso percorso si lega a un contesto che varia nel tempo, assumendo forme e significati sempre nuovi che rappresentano quel ‘visibile parlare’ così vicino al bisogno profondo e immediato di comunicazione e di condivisione.


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