Anna Zemella - Fusina
Torno più e più volte a Fusina che, proprio per il suo essere ai margini, mi ha insegnato a transitare tra realtà diverse e a osservarne la contiguità.
A Fusina, sede del vecchio terminal turistico ora in parte abbandonato e ridimensionato, si giunge da Malcontenta alla fine di un percorso che lascia a sinistra la realtà industriale veneziana di Marghera, il porto commerciale e i grandi terminal passeggeri mentre a destra scorre il Naviglio di Brenta, tra il verde e i campi ancora a volte abitati e coltivati. La strada finisce a bordo laguna ed ecco il sogno lontano, il contorno di Venezia che tanti non si stancano di ammirare sporti lungo la balaustra.
Più in là, a destra oltre il naviglio, si aprono gli ampi silenzi delle casse di colmata che si raggiungono a piedi tra percorsi faticosi, recinzioni e cancelli con la sensazione di non sapere bene dove si è.
Un bar che si chiama Al Batèo è in realtà un container camuffato con finti mattoni e finestrelle; racchiude il senso di tutto quello che succede intorno.
Qui la gente arriva di continuo: sono turisti in attesa dell’agognato batèo per raggiungere la città miraggio o abitanti del territorio circostante che giungono in bicicletta, con le canne da pesca e con le sdraio. Qui si prende il sole, qui è luogo di vacanza e dimenticanza, qui Marghera resta appena oltre gli alberi, qui si passa la domenica facendo picnic e giocando a carte in un ampio spazio erboso, ben tenuto e amato dalla sua piccola e affiatata comunità di frequentatori.
E qui, lungo il Canale dei Petroli che porta a Marghera, a ritmo lento passano navi che arrivano da luoghi lontani, parlano di fatica, di lavoro, di solitudini o di viaggi e vacanze. Giungono silenziose e per un breve tratto i due mondi scorrono vicini.
Uno scambio di sguardi, a volte un cenno di saluto velato di nostalgia accomuna le diverse esistenze: chi sogna avventure lontane, chi, nella solitudine del viaggio, desidera il piccolo accogliente mondo della comunità domenicale di Fusina.
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